Archivio dei bambini perduti

Archivio dei bambini perduti by Valeria Luiselli

My rating: 3 of 5 stars

Questo romanzo esplora la tragedia dei bambini messicani che tentano di attraversare a piedi il confine con gli Stati Uniti, attraverso tre linee narrative.
La prima è quella di una famiglia che parte per andare verso il sud degli Stati Uniti: il marito è interessato allo sterminio degli apache, la moglie invece vuole fare ricerche sui bambini messicani.
La famiglia si sta sgretolando, la moglie racconta di questa storia d’amore arrivata al capolinea.
La seconda linea narrativa è quella del figlio grande (10 anni) della coppia, il suo rapporto con la sorellina, il suo desiderio di capire la vicenda dei bambini messicani.
La terza, veicolata attraverso un libro che viene letto dalla madre e dal bambino, è quella di un gruppo di bambini messicani e del loro viaggio per cercare una nuova vita negli USA.
Delle tre linee, la prima è stata quella che ho preferito, mentre quella dei bambini messicani, che avrebbe dovuto essere il punto forte del romanzo è quella che io trovo meno riuscita. Avrebbe dovuto commuovermi, farmi arrabbiare, invece la trovavo solo irritante dal punto di vista di lettrice. Peccato.
La traduzione di Pincio secondo me è ottima.



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Un altro tamburo – W.M. Kelley

Un altro tamburoUn altro tamburo by William Melvin Kelley

My rating: 5 of 5 stars

Un romanzo breve, che scivola via da solo ma con un’intensità e una potenza inaspettate. Un romanzo corale che salta avanti e indietro nel tempo tra gli anni Trenta e gli anni Cinquanta del XX secolo, fino a un momento (che nel romanzo succede all’inizio) in cui una famigliola di neri sparge il sale sulla fattoria di proprietà, brucia la casa e abbandona tutto per andare via. Seguendo il loro esempio tutti i neri della cittadina (del Sud degli Stati Uniti, naturalmente) abbandonano le loro case per cercare una vita migliore al Nord. Come sono arrivati a fare questo? Lo scopriremo soprattutto tramite gli occhi dei bianchi che li conoscevano più o meno bene.

Sono infatti soprattutto i bianchi a raccontare questa storia: la famiglia per cui Tucker Caliban lavorava, il figlio di un cliente abituale dell’emporio, gli sfaccendati della cittadina. Kelley costruisce un romanzo corale utilizzando più voci e più tecniche narrative e selezionando gli elementi giusti (l’antenato portato a forza dall’Africa su una nave negriera, la moglie istruita e bellissima, il generale di uno stato neutrale) è in grado di dar vita ad un affresco storico e sociale convincente.

IMG_7121L’atmosfera ricorda Faulkner: la cittadina, le situazioni, le incomprensioni familiari e certi tipi di infelicità. Eppure qui c’è un’intimità diversa, una tenerezza di intenti che non ho trovato nei (due) romanzi di Faulkner che ho letto. I personaggi di Kelley sono magnifici, ci si affeziona, mentre è praticamente impossibile affezionarsi a un personaggio di Faulkner, è come se tutti avessero gli aculei.

Un romanzo contemporaneo non esattamente postmoderno, ma sicuramente non del tutto convenzionale.

Siamo a gennaio e ho già un candidato a Libro più bello del 2020.

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Gli uomini della sua vita

uominidellasuavitaQuando è uscito, ho cercato questo libro dappertutto. Tutti quelli che l’avevano letto ne parlavano bene e il fatto che fosse stato introvabile per anni ne aumentava il fascino. Poi l’ha ripubblicato Minimum Fax (sempre sia lodata), per la gioia di noi tutti. Io però non volevo il libro di carta, volevo l’ebook. L’ebook c’è, ma, a parer mio, ha un prezzo proibitivo. Non può costare € 8,99 un libro che in fondo è solo una ristampa. Senza la stampa, per giunta. Così ho aspettato un po’, è arrivato il mese delle offerte degli ebook di Minimum Fax. Ogni giorno andavo su Bookrepublic a vedere se fosse in offerta e alla fine l’ho trovato a € 4,99, che per un ebook in offerta non è proprio poco, ma poteva andar bene.
Comprato e letto praticamente quasi subito, che non è cosa da poco, visto che ho un parco libri da leggere imbarazzante.
Ma veniamo al libro.
“Gli uomini della sua vita” è una raccolta di racconti, tutti con la stessa protagonista e con un filo conduttore che in qualche modo li lega tra loro. La storia, fondamentalmente, è quella di una giovane donna che si mette in una serie di pasticci sentimentali, nella New York degli anni Trenta.
Ora, non fatevi fregare: NON è una sorta di “Sex and the City” ante litteram. Intanto la protagonista è comunista dichiarata: nei racconti si parla di Trotzky, Stalin e di stampa indipendente americana. Poi c’è la questione della sua infanzia infelice, la sua insicurezza cronica nonostante i suoi mille talenti. E qui (almeno per me), è impossibile non identificarsi. Infine c’è una sensibilità tale, un senso dell’umorismo così sottile, che si finisce per commuoversi.
Meg Sargent è indubbiamente uno dei personaggi più belli della storia della narrativa.
Se ha un difetto questo libro, è che spesso la tira in lungo. Alla fine il lettore resta stremato dalla lungaggine dell’autrice e vorrebbe dirle: “Va bene, basta, ho capito”. Una bella sforbiciata qua e là avrebbe certamente giovato.